Il mondo è pieno di persone, alcune brave altre cattive. Alcune esemplari altre riprovevoli. In ogni ambito della nostra vita siamo circondati da persone così. Sia che guardiamo un film, o leggiamo un libro, che lavoriamo, che andiamo a scuola, che assistiamo ai dibattiti della politica, pratichiamo sport, o viviamo in famiglia viviamo la costante tensione tra persone che riteniamo buone e pessime. E ad aggravare tutto ciò siamo spettatori di una società che esagera troppo facilmente gli sbagli o le cadute degli altri. Molto più facile puntare il dito contro qualcuno, molto più facile additarlo come una persona sconveniente o da evitare piuttosto che riflettere sul proprio stato di salute davanti al Signore.
Perciò è chiaro che dobbiamo mettere ordine a tutto questo caos. Paolo ci aiuterà con questo capitolo 2 di Romani. E, come vedremo, fa una lunga argomentazione sulla giustizia di Dio. Qualcosa che è lì per aiutarci a esaminare seriamente noi stessi, a riflettere sulla sua pazienza, a ricordare che un giorno Lui retribuirà ciò che ne abbiamo fatto della sua bontà e quindi a correggere il nostro approccio legalistico.
1 Perciò, o uomo, chiunque tu sia che giudichi, sei inescusabile; perché nel giudicare gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi, fai le stesse cose. 2 Ora noi sappiamo che il giudizio di Dio su quelli che fanno tali cose è conforme a verità. 3 Pensi tu, o uomo, che giudichi quelli che fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di Dio? 4 Oppure disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento? 5 Tu, invece, con la tua ostinazione e con l’impenitenza del tuo cuore, ti accumuli un tesoro d’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio.
1. Esaminare noi stessi non disprezzando la Sua bontà e pazienza (v.1-5)
E’ chiaro cosa sta dicendo Paolo: v.1 tutti, non solo i pagani immorali, ma anche quelli che si sentono religiosi ortodossi, si trovano nella stessa situazione. Sono inescusabili.
Nessuno si può ritenere un paladino della moralità perché il Signore vede, conosce molto bene e soprattutto giudica in maniera conforme alla verità. Davide, nel salmo 139, scriveva: SIGNORE, tu mi conosci, comprendi da lontano il mio pensiero e conosci a fondo tutte le mie vie. E questo significa che nulla di noi è celato ai suoi occhi. La nostra giustizia è solamente presunta ed è estremamente fragile se paragonata alla Sua.
Occorre quindi aver un’atteggiamento più sobrio, dice Paolo, ma soprattutto più grato rispetto alla sua bontà e pazienza. E’ ciò che dice al v.4: non disprezzare la sua bontà, ma dai valore alle ricchezze smisurate della sua pazienza e della sua costanza. In altre parole riconosci quanto spesso si trattenga dal compiere un giudizio doveroso. La Sua bontà non dovrebbe spingerti a diventare presuntuoso, ma ti deve portare al ravvedimento. E’ una seria riflessione su noi stessi, dove ci chiediamo se davvero sta accadendo questo in noi, se davvero la sua bontà e pazienza ci stanno spingendo in questa direzione? Ci sono tracce di ostinazione o impenitenza, ovvero letteralmente durezza di cuore, perversità, orgoglio nel continuare con un atteggiamento di critico sbagliato?
Certamente il Signore è buono, ci dice Paolo, tuttavia dobbiamo ricordare che c’è un giorno in cui darà corso alla sua giusta ira. Perciò il ravvedimento, la sobrietà e l’umiltà sono la strada maestra per mantenere caldo e morbido il nostro cuore duro. Pietro incoraggiava i suoi dicendo:
se invocate come Padre colui che giudica senza favoritismi, secondo l’opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro soggiorno terreno;
(1Pietro 1:17)
E lo stesso scriveva l’autore della lettera agli Ebrei al cap.12:
14 Impegnatevi a cercare la pace con tutti […];
Non solo con quelli vicini, ma con chiunque.
25 Badate di non rifiutarvi d’ascoltare colui che parla; perché se non scamparono quelli, quando rifiutarono d’ascoltare colui che promulgava oracoli sulla terra, molto meno scamperemo noi, se voltiamo le spalle a colui che parla dal cielo;
Non ti irrigidire, ma assumi un atteggiamento di apertura e di ascolto. Perché se neppure quelli che avevano i profeti di Dio scamparono, certamente noi non scamperemo ora che abbiamo conosciuto chiaramente il signore Gesù (che è Colui che ci rivela la verità del Padre celeste)! Esaminiamo dunque noi stessi v.29 Perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante.
E’ una seria riflessione su noi stessi, che come dicevo prima, ci porta a chiederci se ci sono tracce di un cambio di rotta.
Il testo però non sta dicendo che non dobbiamo giudicare. O che non possiamo dire nulla agli altri. Spesso si sente dire: “tu non mi puoi giudicare perché chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Ma non è quello che sta dicendo Paolo. Il senso del suo discorso è che il giudizio deve essere basato su un esame di sé stessi. Pensiamoci un attimo. Se il nostro Padre celeste giudica, odia il peccato, non tollera alcuna forma di male, che ne dovrebbe essere dei Suoi figli? Forse che non dovrebbero riprendere le sue orme? Tenere alta la sua giustizia? Affrontare duramente il peccato? Mai rilassarsi davanti al male? Se siamo cristiani l’amore per la giustizia e la verità dovrebbero battere forte nel nostro cuore allo stesso modo in cui battono forte nel cuore del nostro Padre.
E se magari ti ritrovi con un atteggiamento allentato nei confronti del peccato, allora certamente non siamo qui per puntarci il dito contro, ma per spronarti a fare l’unica cosa che Paolo ci sta implicitamente suggerendo in casi come questi: tornare a Dio! Torna sempre a Lui! Rifletti su come Lui ha offerto sé stesso come Padre ai suoi figli perduti. Egli ci chiama a venire a Lui tramite la salvezza compiuta dal suo Figlio Gesù, perché, è scritto che Egli non vuole che alcuno si perda ma che tutti giungano a ravvedimento. Fallo ora, perché un giorno questa possibilità finirà. Questo tempo di bontà e pazienza finirà…e allora? che ne sarà di te? Che ne sarà di te quando il suo giudizio perfetto e inflessibile si scaglierà contro ogni istante passato su questa terra? Pensi tu di poter comandare la tua vita? Di poter dettare le regole della tua esistenza? Ora è il tempo di tornare, di ravvederci, di cambiare passo, di voltare pagina, di comprendere chiaramente la nostra situazione nei confronti della giustizia di Dio e riflettere sulla sua bontà e pazienza. Perché dopo questo il Signore darà seguito alla sua retribuzione.
2. Ricordare la retribuzione che ci sarà (v.6-16)
6 Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere: 7 vita eterna a quelli che con perseveranza nel fare il bene cercano gloria, onore e immortalità; 8 ma ira e indignazione a quelli che, per spirito di contesa, invece di ubbidire alla verità ubbidiscono all’ingiustizia. 9 Tribolazione e angoscia sopra ogni uomo che fa il male; sul Giudeo prima e poi sul Greco; 10 ma gloria, onore e pace a chiunque opera bene; al Giudeo prima e poi al Greco; 11 perché davanti a Dio non c’è favoritismo. 12 Infatti tutti coloro che hanno peccato senza legge periranno pure senza legge; e tutti coloro che hanno peccato avendo la legge saranno giudicati in base a quella legge; 13 perché non quelli che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che l’osservano saranno giustificati. 14 Infatti quando degli stranieri, che non hanno legge, adempiono per natura le cose richieste dalla legge, essi, che non hanno legge, sono legge a se stessi; 15 essi dimostrano che quanto la legge comanda è scritto nei loro cuori, perché la loro coscienza ne rende testimonianza e i loro pensieri si accusano o anche si scusano a vicenda. 16 Tutto ciò si vedrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo.
v.6-10 Il Signore renderà a ciascuno secondo le sue opere dice Paolo. Ai credenti, v.7, concederà vita eterna, a quelli cioè che, con perseveranza nel fare il bene, cercano gloria, onore e immortalità.
A questi che volgono i loro cuori, le loro aspirazioni, il loro amore, il loro zelo e la loro passione all’unico vero Dio che agisce secondo una giustizia perfetta; a questi che cercano l’onore del loro salvatore e non del proprio io; a questi che cercano e aspettano l’immortalità, cioè il giorno in cui il loro corpo corruttibile e mortale sarà rivestito di incorruttibilità immortalità…a tutti loro, ricorda Paolo, Dio retribuirà con la vita eterna (che non è semplicemente una vita lunga, ma indica la qualità stessa dell’esistenza, eterna e celeste come lo è quella di Dio).
Ma quanto sarà diverso il destino di chi Gli avrà voltato le spalle. Vedete il v.8? Parla di ira e indignazione a quelli che ubbidiscono all’ingiustizia. E ancora, v.9, tribolazione e angoscia sopra ogni uomo che fa il male
Davanti a Dio non c’è favoritismo, dice Paolo. Lui sarà imparziale, v.12, sia verso coloro che non avranno avuto la possibilità di conoscere la Sua legge, sia verso coloro che l’hanno avuta. Ciò non significa che i Gentili non siano affatto consapevoli dell’esistenza di Dio o non abbiano alcun discernimento su ciò che è giusto o sbagliato. Infatti in 1:20 l’apostolo ha già precisato che, grazie alla testimonianza del creato, TUTTI gli uomini hanno una prova della sua potenza e divinità. Ecco perché Lui sarà imparziale con tutti: perché tutti gli uomini si troveranno nella stessa condizione di giudizio. Tutti saranno sottoposti a questa pressione a meno che, v.13, non avranno interiorizzato l’opera di Cristo. A meno che non l’avranno scritta nei loro cuori (v.15)! Solo quella sarà la condizione per essere giustificati!
Domanda: in che modo è possibile interiorizzare Cristo? Com’è possibile appropriarsi dell’Eterno Figlio di Dio? Esiste davvero un modo per fare abitare la sua persona e la sua opera dentro di noi? Risposta: andando a Lui. Riconoscendo che Lui ha adempiuto tutto ciò che per noi era impossibile. Quella legge morale e spirituale che noi non possiamo soddisfare perché peccatori, disubbidienti, duri di cuore e immorali, Lui è venuto a compierla in vostro favore, affinché la Sua giustizia e ubbidienza diventassero pure la nostra giustizia e ubbidienza.
E’ un vero e proprio trasferimento. Da Lui a noi. Perché la vera giustizia non ci appartiene! Il vero adempimento della legge non lo possiamo raggiungere con le nostre forze. Ecco perché dobbiamo fare nostro Gesù! Lui è lo strumento provveduto da Dio perché giustizia e giustificazione siano fatte in noi. Quanto è importante che capiamo questo!
Puoi dire, con tutta onestà, che questa opera di giustificazione che Dio ha provveduto attraverso Cristo ti sta letteralmente consumando il cuore?! Puoi dire che è questa applicazione dei suoi privilegi verso di te (ingiusto e colpevole), sta caratterizzando le tue motivazioni, la tua gioia, il tuo zelo e la tua riconoscenza, il tuo servizio e il tuo cammino?
Il cristiano non presume mai di essere arrivato. Anzi è una persona che si pone delle domande. S’interroga continuamente sul suo cammino e la sua sua salute spirituale. Indaga se ci sono degli inganni. Setaccia le vere motivazioni che lo portano a Dio. Rimescola la propria vita per far emergere lo sporco che continuamente si deposita nel fondo della propria mente. Fa tutto questo. E poi va a Cristo. Certo che la sua opera è stata più che sufficiente a mondare tutto questo schifo, e certo che la sua persona è la più importante della sua vita!
Vedete quanto spesso Paolo invita a rivedere la nostra opinione? Prima riguardo alla nostra ingiustizia. Poi alla giustizia retributiva di Dio. Ora a cercare le tracce di un’autentica opera di Cristo dentro di noi. Perché lo fa? Risposta: perché sa quanto sia facile cadere preda delle proprie illusioni! Come dice il v.15 abbiamo bisogno di verificare che quanto la legge comanda è davvero scritto nei nostri cuori, ovvero che Lui ci sia veramente! Non solo a parole, ma nei fatti!
3. Correggere l’approccio legalistico (v.17-29)
Il discorso di Paolo è abbastanza chiaro: occorre riflettere su tantissime cose. E’ un check-up completo. Non bisogna dare nulla per scontato. C’è una riflessione profonda che tocca la nostra situazione nei confronti della giustizia di Dio, che medita sulla bontà e pazienza di Dio, che prova timore sulla Sua retribuzione e, quarto e ultimo punto, c’è una riflessione che ci porta a correggere il nostro approccio legalistico.
17 Ora, se tu ti chiami Giudeo, ti riposi sulla legge, ti vanti in Dio, 18 conosci la sua volontà, e sai distinguere ciò che è meglio, essendo istruito dalla legge, 19 e ti persuadi di essere guida dei ciechi, luce di quelli che sono nelle tenebre, 20 educatore degli insensati, maestro dei fanciulli, perché hai nella legge la formula della conoscenza e della verità; 21 come mai dunque, tu che insegni agli altri non insegni a te stesso? Tu che predichi: «Non rubare!» rubi? 22 Tu che dici: «Non commettere adulterio!» commetti adulterio? Tu che detesti gli idoli, ne spogli i templi? 23 Tu che ti vanti della legge, disonori Dio trasgredendo la legge? 24 Infatti, com’è scritto: «Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra fra gli stranieri». 25 La circoncisione è utile se tu osservi la legge; ma se tu sei trasgressore della legge, la tua circoncisione diventa incirconcisione. 26 Se l’incirconciso osserva le prescrizioni della legge, la sua incirconcisione non sarà considerata come circoncisione? 27 Così colui che è per natura incirconciso, se adempie la legge giudicherà te, che con la lettera e la circoncisione sei un trasgressore della legge. 28 Giudeo infatti non è colui che è tale all’esterno; e la circoncisione non è quella esterna, nella carne; 29 ma Giudeo è colui che lo è interiormente; e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, non nella lettera; di un tale Giudeo la lode proviene non dagli uomini, ma da Dio.
Così come la provenienza giudaica non poneva nessuno sotto riflettori migliori, allo stesso modo la fede dei nostri genitori non garantisce la nostra effettiva appartenenza a Dio. Il presunto rispetto delle leggi e delle prescrizioni non davano maggiori sicurezze ai giudei dell’epoca, tantomeno il nostro presunto moralismo di oggi non ci garantisce che siamo effettivamente Suoi!
v.18 Anche se diciamo di conoscere la Sua volontà, anche se pensiamo di saper distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato sulla base di qualche versetto della Bibbia, anche se nelle nostra bocca ci sono tracce di una grammatica cristiana, tuttavia queste cose non ci assicurano di essere autentici cristiani! Poveri noi se lo pensiamo veramente! Poveri noi se ci illudiamo che possiamo costruirci un’eredità e una giustizia campate su queste dinamiche! Queste si chiamano “false sicurezze”! E Paolo, in questi ultimi versetti, ne evidenzia ben 3:
- La falsa sicurezza dell’appartenenza etnica v.17a;
- la falsa sicurezza della conoscenza legalistica v.17b-24;
- la falsa sicurezza dei riti esteriori, v.25-29.
Ma tutto ciò che si può imparare dai propri genitori, dalla Bibbia e ciò che contraddistingue un buon comportamento in relazione alla legge è possibile che diventino motivo di bestemmia se non sono inquadrate nella giusta cornice. Cosa dice il v.23-24? Tu che ti vanti della legge, disonori Dio trasgredendo la legge? Infatti, com’è scritto: «Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra fra gli stranieri».
Non serve a niente vantarsi di un certo retaggio se poi al lato pratico lo disonori con il tuo comportamento. L’incoerenza può diventare motivo di bestemmia.
Perché Paolo usa queste parole così forti? Il motivo riguarda l’incomprensione dei giudei riguardo alla legge. Provo a spiegarmi meglio. Quando gli Israeliti ritornarono dall’esilio (la Bibbia descrive due deportazioni avvenute in 2 tempi diversi: una a causa degli Assiri e l’altra a causa dei Babilonesi) si resero conto di quello che avevano fatto. Compresero che la loro disubbidienza alla legge di Dio e alle sue promesse furono la ragione di quella punizione. Esdra li aiutò a riavvicinarsi alla Parola, tuttavia un meccanismo perverso si instillò in loro, e nelle generazioni successive. Un meccanismo per cui bisognava assolutamente evitare un’altra punizione. Infatti visto che nella Torah (i primi cinque libri della Bibbia) il Signore aveva promesso un avvenire meraviglioso a Israele e negli anni successivi i profeti avevano parlato di un liberatore, un messia che avrebbe portato Israele ad essere la nazione al di sopra di tutte le nazioni, l’unico modo per evitare di subire una punizione era appunto “seguire alla lettera” i comandamenti prescritti dalla legge. E quindi cosa successe: che i riti, le offerte, le feste, ecc. non diventarono più occasioni per tornare a Dio, ricordarsi della sua grazia o trovare un motivo di speranza nella promessa di un salvatore, ma divennero occasioni per assumere un assetto più legalistico.
Il risultato fu che poco dopo Israele fu di nuovo invaso e sottomesso; questa volta a opera dei greci con Alessandro Magno. Anche lì sorse la stessa domanda: se Dio ha permesso la conquista della nostra nazione significa che non abbiamo fatto abbastanza. E così passarono gli anni e i secoli e Israele divenne sempre più sensibile alle pratiche esteriori della legge per paura di ricadere sotto un altro giudizio e un’altra conquista.
Alla dominazione greca seguì quella terribile di Antioco Epifane e infine quella Romana: e lì il vaso traboccò. Più si concentravano sui riti esteriori e rimanevano concentrati su una lettura superficiale della Parola, più diventava incomprensibile il motivo per cui dovevano subire tutto ciò.
Questo è lo sfondo del giudaismo: la legge era certamente importante, era veramente Parola di Dio. Essi ci credevano veramente, ma non credendo che Gesù Cristo era il messia promesso, non avevano l’elemento di sblocco. E’ come fermarsi a guardare un tronco di un ciliegio senza gustare il frutto dei suoi rami.
Avevano perso la visione del fatto che le promesse dell’AT puntavano dritto a Lui. Ecco perché Paolo usa queste parole forti. Sta dicendo: tu che ti vanti della legge e che pensi di seguire scrupolosamente i comandamenti, non ti rendi conto che stai perdendo di vista lo scopo delle parole della legge e dei profeti? Il risultato della tua circoncisione e di qualunque altro rito esteriore non ti rende migliore o più apprezzabile. Anzi sei peccatore come quelli che tu giudichi e quindi ancora più colpevole e quindi il nome di Dio è motivo di bestemmia tra gli stranieri.
Perché il vero figlio/figlia di Dio, non è colui/colei che lo è grazie al suo fare religioso. Tutto ciò non ha valore se non si vive nel proprio cuore il risultato dell’opera di Cristo! La vera opera di Dio è quella dello Spirito che da vita e speranza a un morto spirituale!
Gli errori dei farisei ci mettono in guardia. Noi non siamo credenti perché facciamo o diciamo cose spirituali. Mai presumere questo. L’enfasi della scrittura è sempre sull’essere. Tu fai perché sei. Tu sei figlio/a di Dio perché il Signore ti ha adottato. Tu sei giusto perché lui ti ha giustificato. Tu sei santo perché lui ti ha santificato. Tu perseveri perché lui ti ha nella sua mano e nessuno ti potrà rapire da essa. Tu sei convertito perché lui ha cambiato il tuo cuore. Tu sei vivo perché lui ti ha rigenerato. Tu sei erede perché lui ti porterà in gloria.
L’enfasi è tutta sull’essere. Sul vivere. Sull’appropriarci di Lui tramite la sola fede. Da nessuna parte la Bibbia incoraggia lo sforzo o il moralismo per accreditarci salvezza. Stiamo attenti a non cadere in queste false sicurezze! Ecco perché in conclusione dobbiamo riflettere su 2 implicazioni pratiche:
- Lodare Dio per averci provveduto Cristo come salvatore e compitore della legge: Se Cristo non ci fosse stato dato che ne sarebbe di noi? Che ne sarebbe della nostra speranza e della gioia di poter vivere l’eternità con il nostro creatore? Queste parole ci portano a lodare Dio perché quando ha provveduto Cristo per noi, ha provveduto lo strumento perfetto, unico e completo per risolvere la questione del nostro peccato! C’è tanto per esserGli grati! Non a caso l’autore della lettera agli ebrei in 7:24-28 scrive che il ministero di Gesù è unico e non si può trasmettere. Perché solo lui ha il potere di salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro. Infatti a noi era necessario LUI, ovvero il sommo sacerdote santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed elevato al di sopra dei cieli; il quale non ha ogni giorno bisogno di offrire sacrifici, come gli altri sommi sacerdoti, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo; poiché egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto sé stesso. La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento fatto dopo la legge, costituisce Gesù cristo, che è stato reso perfetto in eterno.» (Ebrei 7:24-28). La legge e la salvezza si adempiono in Lui.
- Glorificare Dio per la sua opera di spogliamento e rivestimento: queste parole ci mettono a nudo. Ci spogliano di qualunque presunzione. Puntano più su questioni interne. Ed è proprio questo il punto. Tutto di noi puzza, è marcio e deve essere buttato via. Quando Cristo arriva nella vita di una persona, toglie via ogni cosa che appartiene al passato e lo rinnova e lo riveste della sua dignità. I suoi privilegi diventano i tuoi. La sua grazia diventa la tua. La sua ubbidienza diviene la tua. La sua relazione stabile con il padre diventa la tua. Tutto questo diventa tuo se riconosci che nessun peccato è troppo grave per essere mondato da Lui!
Perciò rifletti. Esamina te stesso. Considera la tua vita e il tuo percorso nei confronti della giustizia di Dio (v.1-3). A gioire e a non approfittare della Sua bontà e pazienza (v.4-5). A ricordare la retribuzione che un giorno ci sarà (v.6-16) e a correggere l’eventuale tuo approccio legalistico (v.17-29). Ricordando che Gesù Cristo, il tuo salvatore è il termine ultimo della legge. Il punto d’arrivo perché la tua/mia/nostra speranza potesse essere ben riposta in Colui che non ha fallito!