Romani 9 – La giustificazione di Dio nel suo piano per Israele e i pagani

epistola ai romani
by Daniele Rebecchi
01.09.2023

 

Giungiamo ora a una sezione un pò particolare della lettera ai Romani. I capitoli 9-11 sembrano infatti discostarsi dal tema predominante della giustificazione per fede. Ma come vedremo siamo all’interno di un brano in cui Paolo prevede e risponde ad alcune obiezioni che potevano costituire una pietra d’inciampo a un ipotetico giudeo che voleva comprendere meglio la fede cristiana. Poiché certamente si era già imbattuto in certi ragionamenti durante i suoi viaggi missionari, in questo capitolo vedremo quali saranno le sue riposte e la prospettiva che getterà riguardo al piano di Dio e la sua sovranità. Preghiera.

Prima di leggere, permettetemi di sintetizzare le perplessità e i disagi di un giudeo dell’epoca quando si imbatteva in un cristiano.

  • La prima obiezione riguardava la percezione errata del vangelo. Se davvero Dio offriva la salvezza a tutte le persone del mondo, oltre la nazione d’Israele, e se davvero l’unica risposta ammessa per essere giustificati è la fede in Lui, è plausibile pensare che Israele (con i suoi riti e cerimonie) non rientrasse più nei suoi piani?
  • La seconda obiezione riguardava il rifiuto del Messia. Perché credere che Gesù è il messia dato che i maggiori capi religiosi lo rifiutarono?
  • La terza obiezione le riassume un pò tutte: se dunque Dio ha dimostrato di non aver mantenuto fede alle sue promesse iniziali rivolte al popolo d’Israele, che garanzie ci sono per i credenti non ebrei di essere salvati in questo modo? 

Queste obiezioni rappresentavano delle vere e proprie angosce per  giudei. Paolo le conosceva bene, perciò è con estrema sensibilità che sviluppa il suo ragionamento. Innanzitutto lo fa mettendo in luce il fraintendimento passato: Israele non aveva capito l’obiettivo delle benedizioni che gli erano stati rivolti. Poi prosegue spiegando quale sia stato fin dall’inizio il piano di Dio per la salvezza delle persone: la giustificazione per fede non è una parentesi o una novità, ma è sempre stata al cuore della salvezza.

Quello che ne risulterà non è solo una difesa indispensabile del valore della fede cristiana, ma anche un compendio per imparare a parlare francamente del vangelo. A saper trattare con delicatezza anche degli argomenti spinosi. A saper testimoniare con metodo e logica a chi non crede. E a richiamare alla fede le persone che brancolano ancora nel buio. 

Come vedremo è un’attività estremamente importante. E spero che il Signore ci possa fare la grazia di comprenderle pienamente.

 

v.1-5 Il fraintendimento (passato) di Israele

Ai v.1-5 inizia a porre le basi della sua spiegazione. E, come dicevo, c’è innanzi tutto da chiarire un fraintendimento passato.

Romani 9:1 Dico la verità in Cristo, non mento poiché la mia coscienza me lo conferma per mezzo dello Spirito Santo, 2 ho una grande tristezza e una sofferenza continua nel mio cuore; 3 perché io stesso vorrei essere anatema, separato da Cristo, per amore dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, 4 cioè gli Israeliti, ai quali appartengono l’adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse; 5 ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen!

 

Guardate i suoi sentimenti: ho il cuore lacerato, dice al v.2, sono triste, soffro perché, v.3, vedo me stesso salvo in Cristo, ma loro, che sono i miei parenti secondo la carne, sono ancora lontani. Anzi lo rifiutano, non gli credono e quindi rischiano di perdersi per sempre. Eppure proprio a loro, v.4-5, sono appartenute benedizioni uniche. Paolo ne cita precisamente 9:

  • Furono innanzitutto Israeliti, ovvero progenie di quelle persone che a cui il Signore si affeziono teneramente.
  • Furono partecipi dell’adozione, ovvero di quell’esperienza che fa gridare Signore Dio tu non sei solo il mio salvatore ma anche il mio Padre celeste (Esodo 4:22, Osea 11:1)
  • Parteciparono alla Gloria, in altre parole alla benedizione di avere avuto la presenza reale e concreta del Signore accanto a loro (Esodo 16:10, Esodo 24:16-17, 1Re 8:11).
  • Parteciparono ai benefici dei Patti, cioè le diverse alleanze durante la storia. Momenti in cui il Signore sigillò e autenticò il suo amore per loro. Il primo fu con Abramo in vista di creare una discendenza fisica e Spirituale (Genesi 12:15-17). Il secondo fu con Mosé, chiamato il patto della legge (Esodo 19-31, ripetuto anche in Deuteronomio 29-30). Il terzo fu con Davide il quale ricevette la promessa di un regno eterno (2Samuele 7:8-16). Nessun’altra nazione è mai stata benedetta così, ricorda Paolo. Dio si è avvicinato voi nell’amore solido di un patto!
  • Parteciparono all’utilità della legislazione, ovvero quel corpo di istruzioni, norme, leggi e cerimonie che la resero unica rispetto alle altre nazioni del mondo. Un popolo normato, non solo era un solo una comunità civile, ma più che altro è un popolo che assumeva su di sé il carattere distintivo dell’immagine e della somiglianza di Dio che è ordine e non caos. Giusto e non emotivo. Santo e non compromesso.   
  • Parteciparono al sollievo del Servizio sacro, ovvero il servizio attraverso cui si affrontava anche il problema del peccato!
  • Parteciparono alle promesse, ovvero a tutte quelle parole che il Signore aveva pronunciato nel corso dei secoli per aiutare il popolo a proiettarsi verso il futuro di restauro che Lui aveva preparato.
  • Parteciparono alla testimonianza dei Padri, ovvero le persone attraverso cui furono gettate le fondamenta di tutto ciò di cui abbiamo parlato.
  • Parteciparono alla promessa che Cristo, il Messia, L’Eterno Figlio di Dio secondo la carne, sarebbe giunto attraverso la loro discendenza (Matteo e Luca ci mostrano la sua genealogia appunto secondo la carne).

 

E riguardo a Lui, dice Paolo al v.5, Egli è di gran lunga la maggiore benedizione perché Egli è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno! 

Nonostante tutto questo universo di benedizioni, essi lo rifiutarono. Non solo in passato, ma anche al tempo presente di Paolo. Questa è la tragica incredulità d’Israele che lo addolorava immensamente.

E sorge spontanea una domanda: Se Israele fallì nella sua fede nonostante questa moltitudine di benedizioni, che ne è di te? Tu che hai tutto a tua disposizione, consoci la Parola, conosci il senso della maggior parte delle promesse e della gioia che procura la salvezza, sai chi è Cristo e cosa ha fatto, cosa ne stai facendo di Lui nella tua vita? Cosa ne stai facendo della sua persona e della sua opera nella tua vita? Come potresti classificare la profondità e intensità del tuo rapporto con Lui? Una volta qualcuno disse che se fossimo davvero presi secondo il cuore di Paolo, è molto probabile che piangeremmo e ci dispereremmo grandemente ogni volta che pensiamo alla croce. Eppure quella tragedia la consociamo bene, tuttavia, difficilmente oggi ci fa ancora piangere…Questo perché siamo persone che si abituano. La guerra in Ucraina fu uno shock i primi giorni. Poi piano piano è passata dalle prime righe sui giornali alle note secondarie…Lo stesso avviene anche a noi nei confronti. Pensiamo che vada tutto bene. Che non ci siano problemi..e invece Paolo ci mette in guardia su qualunque atteggiamento rilassato e superficiale…Riflettiamo bene quindi! 

Poi Paolo prosegue:

 

v.6-13 Il piano di Dio e le Sue promesse

6 Però non è che la parola di Dio sia caduta a terra; infatti non tutti i discendenti d’Israele sono Israele; 7 né, per il fatto di essere stirpe di Abraamo, sono tutti figli di Abraamo; anzi: «È in Isacco che ti sarà riconosciuta una discendenza». 8 Cioè, non i figli della carne sono figli di Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza. 9 Infatti, questa è la parola della promessa: «In questo tempo verrò, e Sara avrà un figlio». 10 Ma c’è di più! Anche a Rebecca avvenne la medesima cosa quando ebbe concepito figli da un solo uomo, da Isacco nostro padre; 11 poiché, prima che i gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male (affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, 12 che dipende non da opere, ma da colui che chiama), le fu detto: «Il maggiore servirà il minore»; 13 com’è scritto: «Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù».

Cosa sta dicendo qui Paolo? Semplicemente che il Signore non ha abrogato l’adempimento di quelle promesse. Anzi è vero il contrario, v6: la parola di Dio non è caduta a terra, cioè mantenne sempre disponibile il suo amore nonostante Israele fu continuamente ribelle a Lui! Perché il vero Israele, cioè i veri figli di Dio, quelli adottati, i veri beneficiari dell’opera del Messia non sono i discendenti carnali, ma v.8, sono quelli a cui sono state rivolte le sue promesse. Le stesse promesse di grazia che caratterizzarono la nascita d’Isacco, v.7, sono le stesse che caratterizzano la vita e il cammino dei credenti di oggi.

Se noi siamo qui, v.9, è per la stessa parola di promessa, che fu anche in Isacco. E’ per la stessa parola che rivela il suo amore elettivo che fu anche nel caso di Giacobbe ed Esaù. Infatti prima che i gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male, […] le fu detto: «Il maggiore cioè Esaù servirà il minore ovvero Giacobbe »; 13 com’è scritto: «Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù». Questo perché rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, che dipende non da opere, ma da colui che chiama. Cioè Lui scelse Giacobbe, lo elesse sovranamente nel suo amore, senza prendere in considerazione quello che avrebbero potuto fare nella loro vita. 

In un modo incondizionato e del tutto indipendente dai meriti umani, dio elegge coloro che diventeranno gli eredi della sua promessa.

So che appare difficile da accettarlo. Perfino molti cercano invano di contrastare questa verità, ma nel farlo trascurano il fatto che Dio è Dio e per definizione ogni cosa che fa è giusta e retta. Egli non ha bisogno di giustificazioni. Non deve spiegare perché ha chiamato alcuni uomini a salvezza e altri no. Possiamo solo riconoscere con Paolo, con piena fede, ma lungi dal capirlo del tutto, che questo è stato ciò che ha fatto.

Qualcuno penserà che Dio allora è ingiusto a comportarsi così. Ma vediamo come risponde Paolo. 

 

v.14-24 Il piano di Dio e la Sua Persona

14 Che diremo dunque? Vi è forse ingiustizia in Dio? No di certo! 15 Poiché egli dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione». 16 Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. 17 La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra». 18 Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. 19 Tu allora mi dirai: «Perché dunque rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà?» 20 Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa plasmata dirà forse a colui che la plasmò: «Perché mi hai fatta così?» 21 Il vasaio non è forse padrone dell’argilla per trarre dalla stessa pasta un vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile? 22 Che c’è da contestare se Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza dei vasi d’ira preparati per la perdizione, 23 e ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già prima preparati per la gloria, 24 cioè verso di noi, che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri?

 

Prima obiezione: Dio è dunque ingiusto? Assolutamente no! Anzi, al v.15, ricorda che a Mosè disse che avrebbe avuto misericordia e compassione di chi voleva Lui. Questa decisione non sarebbe dunque dipesa da nessuno, v.16, se non da lui stesso. Anzi tutto ciò serve per mandare ad effetto i suoi piani..vedete il v17? Faccio così per mostrare la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra.

Qui cita Esodo 9:16:

Invece io ti ho lasciato vivere per questo: per mostrarti la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato su tutta la terra.

Letteralmente il testo ebraico dice: io ti ho fatto rimanere in piedi / ti ho dato questa posizione eretta perché tu abbia chiara la visione della mia potenza e perché il mio nome sia proclamato. Ma ci pensate? Sta dicendo che lo scopo dell’esistenza stessa di Faraone e del suo potere fu quello di renderlo a sua insaputa il veicolo (in senso negativo) attraverso il cui tutta la terra avrebbe proclamato la forza incontenibile del Signore!

Pensiamo alla sua arroganza e la sua dichiarata opposizione: Cosa servirono se non agli scopi sovrani del Signore? 

Così arriviamo alla sintesi del v.18: Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. Questo fu lo stesso per gli eventi d’Egitto in cui Lui scelse Israele per dare prova della sua sovrana misericordia ma indurì il cuore di Faraone. Qui il termine che usa Paolo significa proprio rendere testardo, insensibile, ostinato. Il racconto di Esodo del confronto tra Mosé e Faraone cita 10 volte il fatto he Dio indurì il cuore di quel sovrano. Non solo Faraone stesso si rese responsabile della propria durezza, ma più di tutto è scritto che il Signore agì in questo modo.

Forse sembreranno discorsi duri: ma in estrema sintesi la base della tua salvezza si fonda sulle logiche della predestinazione. Gesù lo disse chiaramente: 

nessuno può venire a me se non lo attira il Padre (Giovanni 6:44). 

E ancora: 

Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia. (Giovanni 15:16). 

 

Se questo è vero, come è possibile ritenere gli uomini responsabili? Come possono essere biasimati per la loro incredulità e il loro peccato quando il loro destino è già stato deciso? Questo è il senso della seconda obiezione del v.19: chi può resistere alla sua volontà? 

Ma Paolo risponde al v.20: seppur sia difficile da comprendere non c’è nulla da replicare. Può la creatura, la cui esistenza deriva dal suo creatore, essere così ardita nel contestare chi l’ha creata? E’ o non è il vasaio padrone della sua argilla e dei suoi strumenti?

Quello che devi chiederti non è “perché Dio fa così”, ma “perché ha deciso di lasciarci in vita”? Infatti se siamo d’accordo sul fatto che il peccato è un cancro mortale impossibile da vincere, che ci fa peccare profondamente verso il prossimo e verso Dio ed  è una deviazione così tremenda rispetto al progetto originario che ci consegna a una vita che non è vita, saremmo dunque d’accordo che la giusta conseguenza di tutto ciò dovrebbe essere una condanna esemplare! Un’eternità all’inferno! Se dunque Lui dovesse esercitare solo la Sua giustizia, come è giusto che sia, nessuno sarebbe salvato. Ma è anche un Dio di misericordia: ecco perché elegge sovranamente molti peccatori a salvezza. Tutta la parola Parola di moltitudini immense. Isaia 53:12 e in generale l’Apocalisse descrivono appunto un numero enorme di peccatori chiamati a salvezza.

Perciò non c’è nulla da replicare se Lui, come dice ai v.22-23, è stato, da una parte, paziente verso coloro preparati per la perdizione e dall’altra ricco in grazia verso coloro preparati a salvezza. Anzi il v.23 dice preparati per la gloria. Preparati per una vita di una qualità e uno standard infinitamente migliori, splendente, magnifica ed eccellente. 

Pensiamo a com’è caratterizzata ora la nostra vita. Pensiamo alle pene. Alle lacrime. Alle difficoltà. Alle ingiustizie. Alle paure. Alla solitudine. Alla decadenza. Alle illusioni. Alle speranze disattese. Alla precarietà. E poi pensiamo che tutto questo sarebbe solo l’inizio dei tormenti (perché il nostro destino sarebbe dovuto essere poi una pena senza fine all’inferno), se Dio non avesse deciso di fare grazia a creature depravate come noi. Prova a pensare al dramma del peccato dentro e fuori di te. E poi guarda come il Signore ha deciso di prepararti per la gloria! Preparati per una vita senza più lacrime, morte e sofferenza e dove la gioia e la delizia caratterizzeranno l’eternità!

Non c’è nulla da contestare al Signore. La sua giustizia e saggezza sono altro rispetto a noi. Se nel tuo cuore senti che il Signore è vivo dentro di te, che la sua opera misericordiosa sta lavorando nella tua vita nonostante quello che sei, allora gioisci per la gloria che ti ha riservato un giorno. Non ti inorgoglire. Non essere presuntuoso. Ma vivi, servi, cammina in funzione di questa grazia immeritata! Non sei stato riscattato per finire nelle stesse dinamiche della vita di prima, ma perché tu viva alla luce di questo dono meraviglioso! Se invece ancora non hai riposto la tua fede in Lui, queste parole ti mostrano la sua bontà. Ti mostrano i suoi pensieri di gloria, pace e grazia malgrado quello che sei. Oggi sei qui non per contestare qualcosa a Lui, ma per arrenderti. Per deporre la tua vita davanti a Lui. E per ricevere la sua grazia come dono immeritato di vita eterna! Infatti è scritto colui che viene a me, non lo caccerò fuori (Giovanni 6:37).

Abbiamo visto dunque il fraintendimento passato del popolo d’Israele. Abbiamo poi riflettuto sul piano di Dio e le sue promesse. La sua sovranità nell’elezione del suo popolo si rivolge a un popolo non etnico ma spirituale che porta dentro di sé l’incomprensibile segno di sua grazia. E infine abbiamo compreso la bellezza del piano di Dio e la sua persona. Lui non è un pazzo schizofrenico, ma l’Eterno Dio uno e trino che custodisce la vita di ogni essere umano sul palmo della sua mano, che regna con assoluta giustizia e santità e chiama ciascuno di noi a fare tesoro della sua misericordia!

Ora giungiamo al quarto e ultimo punto: il piano di Dio nella sua rivelazione profetica. 

 

v.25-33 Il piano di Dio, rivelato nei profeti, conferma il valore della fede

25 Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò “mio popolo” quello che non era mio popolo e “amata” quella che non era amata»; 26 e «Avverrà che nel luogo dov’era stato detto: “Voi non siete mio popolo”, là saranno chiamati “figli del Dio vivente”». 27 Isaia poi esclama riguardo a Israele: «Anche se il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, solo il resto sarà salvato; 28 perché il Signore eseguirà la sua parola sulla terra in modo rapido e definitivo». 29 Come Isaia aveva detto prima: «Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo diventati come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra». 30 Che diremo dunque? Diremo che degli stranieri, i quali non ricercavano la giustizia, hanno conseguito la giustizia, però la giustizia che deriva dalla fede; 31 mentre Israele, che ricercava una legge di giustizia, non ha raggiunto questa legge. 32 Perché? Perché l’ha ricercata non per fede ma per opere. Essi hanno urtato nella pietra d’inciampo, 33 come è scritto: «Ecco, io metto in Sion un sasso d’inciampo e una pietra di scandalo; ma chi crede in lui non sarà deluso».

 

Cosa sta dicendo qui Paolo? Usa due citazione tratte da Osea 2:23 e Isaia 10:22-23 e 1:9 per dimostrare che l’incredulità e il rifiuto del Messia e del suo vangelo da parte d’Israele corrispondeva a ciò che i profeti avevano predetto. 

In Osea 1:2 leggiamo:

Il Signore cominciò a parlare a Osea e gli disse: và, prenditi in moglie una prostituta e genera figli di prostituzione; perché il paese si prostituisce, abbandonando il Signore

L’infedeltà di Gomer nei riguardi di Osea forniva una vivida analogia con l’infedeltà spirituale d’Israele verso Dio. Così vennero generati 3 figli: il primo fu chiamato Izreel (Dio semina), la seconda fu chiamata Lo-Ruama (che non ottiene misericordia) e il terzo fu chiamato  Lo-Ammi (non popolo mio). Questi tre nomi rappresentavano l’atteggiamento di Dio verso Israele, il popolo eletto ma disubbidiente. Quindi per un periodo di tempo (divinamente stabilito), esso sarebbe stato disperso come semi sparpagliati, privato della compassione del mondo e abbandonato da Dio. 

Ma al capitolo 2 il Signore promette che Israele non sarebbe stato per sempre, anzi dice io ti fidanzerò a me per l’eternità; ti fidanzerò a me in giustizia e in equità, in benevolenza e in compassioni (Osea 2:19). Proprio come Osea rimase un marito fedele e amorevole nonostante le prostituzioni di Gomer, così Dio, un giorno, redimerà Israele. Ma fino a quel momento, non solo lo tratterà come se non fosse suo figlio, ma tratterà i gentili che non erano suo popolo, come se fossero il suo popolo. 

Questa verità opposta, che si trova in Osea, Paolo la parafrasa come abbiamo letto ai v.25-26:  Io chiamerò “mio popolo” quello che non era mio popolo e “amata” quella che non era amata»; e «Avverrà che nel luogo dov’era stato detto: “Voi non siete mio popolo”, là saranno chiamati “figli del Dio vivente”. Per quale motivo si serve di questo passo? E’ per mostrare che l’incredulità d’Israele non fu una sorpresa per Dio e che non fu in alcun modo in contrasto con il suo piano. In pratica Paolo sta dicendo: Non siamo sorpresi dagli Ebrei quando li vediamo rifiutare Cristo e il vangelo o quando prendono la via dell’incredulità e si separano da Dio. Perché Osea rivelò che genere di popolo sarebbe stato. 

E per evidenziare ancor più questo concetto, cita anche Isaia. v.27:

Anche se il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, solo il resto sarà salvato

 

Cioè indipendentemente dal numero degli abitanti che popolano la mia nazione, il mio piano di redenzione si manifesterà solamente attraverso la piccola parte residua che rimarrà in vita delle due deportazioni. Ed ecco perché al v.29 dice: 

Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo diventati come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra

 

In altre parole, solo la grazia di Dio ha impedito una simile distruzione totale e definitiva di tutto il mondo.

Dunque cosa ci rimane da dire? Che per tutti rimane fermo l’unico requisito per ottenere giustizia necessaria per la salvezza: la fede (v.30-31). 

Come abbiamo già visto in questa lettera, il maggiore ostacolo alla salvezza è il sentirsi giusti. Sentirsi a posto con sé stessi, con gli altri e con Dio. Anzi dovremmo dire che il trascurare il peso dei propri sbagli, o al contrario, presumere di poter “fare” qualcosa per ottenere favore da parte di Dio, sono i due lati della stessa tragedia! 

Ma la buona notizia del vangelo è che, contrariamente a chi lo rifiuta, chi crede in Lui, chi ha fede nel Signore Gesù Cristo non sarà deluso! Il requisito è sempre la fede. Fede che solo Dio può salvare e ha provveduto a tutto il necessario per la nostra vita eterna! L’uomo è giustificato per grazia soltanto, mediante la fede soltanto, attraverso Cristo soltanto, affinché tutta la gloria sia a Dio soltanto! E questo ci deve portare non tanto a condannarLo per aver ideato un piano di questo genere, ma a considerare la sua bontà e pazienza!

Paolo ci sta dicendo che è ora di smettere di continuare a fare polemica sulla sua sovranità o provare a dimostrare che si sta sbagliando nell’agire in determinati modi. In Matteo 21:32-33,42-44 è descritta la scena dei capi giudei che accusavano Gesù di agire senza alcuna autorizzazione. Ma egli cosa rispose: cari miei, voi certamente non credete in me, ma state pur certi che persino i pubblicani e le prostitute entreranno prima di voi nel regno di Dio! Cioè proprio quelli che ritenete i peggiori candidati alla salvezza, Dio si prenderà cura della loro eternità!

Perciò non siamo chiamati a porci il problema della distinzione tra salvati e perduti, perché la vera preoccupazione è la condanna che pesa verso chi ancora non si è rifugiato in Cristo! Siamo chiamati a guardare nel nostro proprio cuore e capire se ci sono tracce di gratitudine per le benedizioni che ha esteso a noi che non meritavamo nulla e a stare in guardia dall’avere un atteggiamento presuntuoso come quello di molti Israeliti. L’evangelizzazione parte da qui. La gratitudine, la lode, l’adorazione nascono da qui. Via da noi qualunque fiducia nelle nostre proprie forze, o nei nostri presunti meriti e che sia elevato un giusto tributo di lode per questo Dio che inspiegabilmente ha fatto grazia pure a gente con noi.

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